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Pensieri e note

Storia di una raganella e del ratto che non sapeva nuotare

Questa è la storia di un sorcio pieno d’amore
per una rana attratta dal suo fetido odore
e tra scambi di baci, sebo e infezioni immonde
ciò che ora vi narro son le loro vicende.

Il surmolotto Gorgo viveva in un alveo fatato,
e mangiava le piattole nel suo mondo incantato.
Giocava tutta la notte con le libellule sul fiume
e quando veniva mattina le mangiava per colazione.

Passava le giornate a far sempre la stessa roba,
vivendo con gaiezza una vita semplice e proba,
quand’ecco che un bel dì, praticando la toeletta
vide una rospa e di lei fu cotto come una cotoletta.

C’era questa ranocchia che si chiamava Marcella
e per tutti i rospi era lei la più bella.
Era la rana più ambita nel suo bel laghetto
anche se a noi umani farebbe proprio getto:
aveva i porri tra gli occhi, il sebo sul muso,
le zampe tutte storte e anche il naso chiuso,
la schiena a banana e lo sguardo da caco
però c’era qualcuno che di lei era infatuato.

Prese coraggio il sorcio, e con fare guascone
a una festa d’estate volle attaccare bottone:
“Buonasera signorana, sono io il top dei topi!
Non abbia timor nel cuore, le chiarisco i miei scopi:
da quando l’ho adocchiata nello stagno accanto al fiume
nel mio cuore di ratto si è acceso un barlume
che fiamma è diventato, ora che ti ho parlato!
Che ne dici di farci due panaroni su quel prato?”

La rana rispose, piacevolmente stupita,
che i panaroni son pietanze da leccarsi le dita,
e zampa nella zampa si avviaron nel campo
e passarono la notte squittendo e gracidando.

Poi un giorno il topolone decise di invitare
la raganella al fiume e le chiese di nuotare:
“mi spiace, mio topino – risposegli la rana,
– io non so nuotare, anche se ti parrò strana!”

“Beh, strana pari di certo, essendo tu un anfibio,
e io, che son roditore, di nuoto non so un cribbio,
ma posso mostrarti come si fanno due bracciate”
disse il sorcio, e si tuffò nelle acque gelate.

Vedendolo affogante, col capo tutto immerso
nella rana si risvegliò un qualcosa che credeva perso:
con impeto di fiamma saltò nel fiume a capofitto
per salvare quel rattaccio che, ormai, sembrava fritto.

Ma ciò che aveva perso era l’abilità di saltare,
e pure a nuoto la rana faceva un po’ cagare.
E creparono così, come un vero deficiente
il ratto, e la raganella da demente.

Finisce un po’ così, con aria birbantella,
il racconto di questa storia che non è poi così bella,
però io son neorealista, e racconto storie vere,
e chi non è d’accordo può andare a dar via le pere.

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