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Pensieri e note

Brufolo B.

Chissà cosa era peggio, se quell’orrido brufolo purulento o questo immenso cratere sanguinolento che hai lasciato dopo averlo schiacciato.

Chissà cosa deturpa di più il tuo bel visino, cara Italia.

Comunque, i brufoli prima o poi passano anche senza schiacciarli.

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Quelli che il Natale è una festa pagana

Fanno festa delle zucche,
gli zombi mascherati e i bambini fatti cretini.

Tutti pieni, zucche vuote,
bellezza dello stare insieme
come di una showgirl cinquantasettenne con la maschera di silicone e la parrucca.

Un bagliore nella notte, e un boato, mi svegliano:
miccette brillanti e campanelli squillanti, eccoli che arrivano.

Verranno anche da me, finalmente!
Ho aspettato tanto questa patetica farsa, che il mio cuore aveva quasi ripreso a battere.

La dolcezza di queste caramelle è una deliziosa amarezza,
vedendo questi limpidi fanciulli risalire virtuosamente la tromba delle scale.

“Dacci un po’ di dolcezza”, mi chiedono con occhi miserevoli e succosi,
riempiendomi quindi di botte con una mazza da baseball, comprata con un soldino in un negozio cinese.

Finalmente anche io ho un buon travestimento da carcassa.

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Cercando un senso, cercando te

Una voragine
che non è vuota,
un dolore
che non fa male,
una fame
che non si può saziare,
ma che a pensarci
nemmeno si dovrebbe.

Aiutami,
curami,
liberami da ciò che mi tiene in catene.

Poi ancora loro,
come sempre,
con le loro forme e i loro corpi
perfetti e dolci:
gorgoni prosperose
che solo a guardarle,
con la loro bellezza spruzzata
come succo di limone negli occhi,
ti pietrificano
il cuore.

O forse sono io
che cerco una bellezza vana,
che resto indifeso
in questo bosco che nasconde vipere,
con il gozzo scoperto
e gli occhi chiusi,
come un condannato
in attesa della decapitazione?

Aiutami,
soccorrimi,
salvami dalla falsità e dal nulla che incombe.

Senso,
pienezza,
pace.

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Bene, per sempre

Chiudo gli occhi:
realtà distorta,
logica (e) nonsense,
strade e storie
impossibili.

Senza tempo,
senza paura,
senza più una fine
a questa bellezza.

Li riapro:
piacere eterno,
linea infinita,
armonia di feedback e hammond,
paradiso.

Sveglio
dal sonno
infinito:
rivedo mia madre.

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Sogno d’un mattino di pieno autunno

Sogno.
Questa notte sono ciò che sogno
(ciò che sono nel sonno),
sogno nel sogno.

Sono sveglio.
“Non c’è più pane”,
lo vado a comprare
con la canottiera di mia nonna,
panico,
stop.

Sono sveglio,
“Non c’è più pane”,
pedalo sul raccordo,
con una polo proprio uguale a quella di mio fratello,
in bici verso un supermercato che
– ricordo –
non c’è,
attraversando bar in bicicletta,
tra scaffali di burri e formaggi,
ricordo che

Mi sveglio
perché c’è un avvoltoio che gracchia sul comodino.
Parto, anche oggi.

Scrivo,
perché il sogno
sa essere (legittimamente)
la naturale sinestesia di cui ho bisogno.

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Cercando l’amore

Strani gesti si compiono, cercando l’amore: una donna apre le gambe per riempire un vuoto, un uomo per farsi tirare un calcio nei coglioni.

E’ come combattono i bambini, armati di spade di carta stagnola e bacchette magiche di plastica, mascherati chi da clown, chi da principessa: chi aspetta i pomodori, chi un principe che la strappi dalla torre.

Desideri da bambini, che non possono essere esauditi da questa realtà “crudele”, ma così vera da togliere il fiato e obbligarti a respirare ancora.

Rassegnarsi a un’esistenza fatta a riempire quel vuoto incolmabile, cercando vita ovunque fuorché dalla vita, annaspando e arrancando ogni minuto, ogni ora, ogni giorno sempre di più, sempre di più fino alla morte figurata della notte. Giungiamo così, sepolti, nel nostro letto. Ed è un altro giorno che va, e un altro giorno che viene.

Ma è nell’ordinarietà di questa vita e nella realtà della nostra esistenza che avviene qualcosa di talmente straordinario che penseremmo surreale: la Bellezza.

Gesù Cristo dà un senso alla nostra vita, colma quel vuoto d’amore tutte le volte, finché ne avremo bisogno, e ci dà una dignità nuova.