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Pensieri e note

Piume fradicie

E’ un pomeriggio afoso a metà settembre.
Piove, fuori. Cosa ti aspettavi?
Il sole sta facendo un riposino e un merlo, fradicio, si scuote le piume.

La gente, fradicia, si lamenta per le scarpe bagnate da questa pioggia che non fa male, e rischia di morire per un raffreddore stagionale.
Gli anticorpi anche loro stanno facendo un riposino, mentre la gente sogna da sveglia senza mai volersi svegliare.
Mio fratello dice che dipende da come ti svegli, per non perdere di vista quel sogno finito, ma nessuno vuol fidarsi.
E allora giù con altra camomilla e valeriana, per andare ancora a letto alle 3 e non riposarsi mai davvero.
Sognano, sognano senza essere mai liberi dal sogno, sempre assopiti in un’illusione di sicurezza.

Ho paura che, se non mi riparo alla svelta, domani morirò anche io di raffreddore.

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La mia regola

Vuoi tu
essere per me
regola?

Vuoi tu
passare la tua vita
ad essere evasa,
spezzata,
così poco rispettata?

Vuoi tu
diventare mia
pietra d’inciampo,
mio scandalo?

Vuoi tu, amore,
aprirti alla vita
e alla sua delusione?

Io lo voglio,
che tu sia per me
misura e bastone
per i miei passi claudicanti.

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Borghesi

Borghesi.
Quelli cresciuti dalla nonna si lamentano. Gli orfani da trent’anni non crescono. La sera il buio fa paura, senza uno schermo che illumini l’oscurità.
Abbiamo rotto. Lo so.
Noi, bambini piccoli, barbuti e tatuati, che non si sa mai che si muoia davvero.
Noi, abbiamo tutto e vogliamo di più, perché non basta una sola cena per dire di esser sazi davvero.
Noi, silenziosi e muti, con un cuore che urla disperato nella prigione di costole e respiri affannati in cui lo abbiamo rinchiuso.

Noi, soli senza pianeti.
Noi, soli.
Noi soli.

“Non solo voi”, qualcuno dirà: “anche io sono solo”.

Perché é così difficile non voler essere soli?
Perché é così difficile non sentirsi a posto?
Perché é così dura accettare di essere amati proprio così come siamo?

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Vorrei ancora una scrivania

Quando avevo una scrivania credevo di essere uno scrittore, di disegnare ciò che ero e desiderare ciò che immaginavo.
Quando avevo una scrivania e ascoltavo i racconti alla radio pensavo di darti qualcosa, ma i ricordi si sono ristretti a furia di centrifugarli a freddo.
Quando avevo una scrivania, e magari sei anni di meno, non avevo sogni o progetti davanti, ma vivevo almeno come riuscivo.
Oggi non ho una scrivania, ma un tavolo con sopra un PC, e ho perso il tempo dello studio e l’abilità di accontentarmi dell’essenziale che avevo.

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A una ragazza autentica

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