Mi guardi schifato, ti giri, sorridi e mi guardi di nuovo.
Il tuo sguardo è eloquente: parla di ciò che pensi e non dici, parla di ciò che vivi e di ciò che non vuoi vivere, parla di ciò che vedi e di ciò che non vuoi vedere.
I tuoi occhi neri cerchiati di viola, i tuoi occhi nascondono un mondo lontano dal mio.
I tuoi occhi neri sono pozzi di petrolio, dune deserte, vite povere e leggere come granelli di sabbia, spezie e fumo, colori caldi e freddi, intensi, e mai una sfumatura di grigio.
Mi guardi schifato, e io reagisco pensandoti pazzo, ma solo per un secondo.
Poi comprendo e non mi offendo, o almeno ci provo.
Per te io vivo ogni giorno senza un rapporto con il profondo mistero, senza domande, senza l’assoluto totale e il totalmente altro.
Per te il mio stile di vita è palese distensione, rilassamento e assenza di spinta o di motivazione.
La mia tensione l’avrei lasciata quando ho deciso di nascere qui, dove colui che non ha un volto ti ha fatto arrivare.
Gli infedeli si riconoscono dalla faccia, quando i loro occhi sono senza fondo e rivolti a sé stessi più che al mondo.
…ma il mio mondo non è terra di conquista, ma di contemplazione! Il mio mondo è un piano inclinato dove ogni uomo può scivolare o rimanere saldo, a seconda del materiale di cui è composto: la sabbia scivola, l’argilla rimane.
Tu sei sabbia, uomo, sei silicio e contatti, sei deserto e vento, sei incostante perché dipendi dalle tue forze, libero, sei un principe ma la tua vita è quella di vagabondo.
Io sono argilla, sono terra e frumento, sono campi e acqua, sono più incostante di te perché dipendo dalle perturbazioni, legato ai miei vizi, sono uno schiavo ma la mia vita è quella di un re.
Il tuo Signore ti vuole sottomesso, il mio Signore mi vuole regnante.
Il tuo Signore ti chiama schiavo, il mio Signore mi chiama amico.
Eppure, sono sicuro, che la nostra amicizia ci libererà entrambi.
Sono sicuro, eppure, che non ci possa essere guerra forte come la comprensione della reciproca fatica, del dolore spezzato dai riti e dalle preghiere.
Ti guardo anche io, e spero tu non ti offenda.
Ci penso, penso a te, penso a me e mi vergogno.
Non mi merito tanta regalità.