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Pensieri sulla noia

La noia è da ricchi, da benestanti, da stronzi.
Il combattimento è per chi si accorge della propria situazione di povertà, della propria pochezza e della propria difficoltà a risalire la china, cioè per chi si confronta con la noia e la rifiuta.
La noia è la resa alla negatività della vita, il combattimento è l’aggrapparsi alla positività della vita.Quando sono annoiato, il dubbio è: lascerò vincere la morte o sosterrò la vita?

Spesso la noia stessa, come un peso, mi trascina giù: la morte è troppo gustosa, rispetto a questa vita insapore.
Certo, tutto sta nelle sensazioni: il mio gusto è stato falsato dalla noia.
Ad esempio, il profumo delle lenzuola nuove del mio letto nuziale ha lasciato il posto agli odori che il mio sudore ha lasciato di notte sul cuscino.
Allo stesso modo, il mio piatto preferito, a furia di mangiarlo, mi è diventato nauseante.

La noia è l’altra faccia della soddisfazione, così come la decomposizione di un frutto è la conseguenza stessa della sua maturazione.
Se il frutto non marcisce, il seme non può germinare nella terra.
Se il frutto marcisce, l’uomo non può cibarsene.
Se il frutto maturo viene mangiato, il seme potrà essere piantato nella terra dall’uomo, oppure gettato nell’immondizia.
Se il frutto matura troppo, l’uomo può cucinarlo prima che marcisca, trasformandolo in un nuovo cibo.

In tutto questo, provo sulla mia pelle che la noia è spesso necessaria e che il suo influsso sulla mia vita può essere positivo o negativo a seconda di come intendo comportarmi di conseguenza.

Se cerco di trarne nutrimento, essa mi farà schifo, come mangiando un frutto marcio.
Se cerco di trarne uno slancio, essa si trasformerà (seppur con fatica) in una nuova sfida.

E’ sempre meglio evitare la noia, serbando la soddisfazione di un primo momento facendone una scorta da consumare lentamente.
Forse è addirittura meglio rifiutare una soddisfazione per evitare la noia che ne deriverebbe, se già si prevede che sarà quella la sua conseguenza.

La noia non è mancanza di soddisfazione, ma è il constatare che non ci sono soddisfazioni tali da riempire pienamente la propria mancanza.
La noia è l’essere stanchi delle soddisfazioni, proprio perché esse non sono durevoli.

La noia così intesa non è mancanza di stimoli come causa (che potrei definire “depressione”), ma mancanza di stimoli come effetto della delusione che questi stimoli hanno portato.
La noia può poi essere a sua volta “metabolizzata” conducendo ad una forma di depressione, una volta lasciata alle spalle ogni speranza.

L’orgoglio di una persona “avvelena” la sua capacità di vedere gli altri, di consolarli e amarli.
Chi è annoiato, invece, nell’amore e nella consolazione trova la dolcezza necessaria per riscattare sé e amare gli altri.
Così, mentre le vespe pungono e uccidono le api, queste raccolgono il meglio che i fiori offrono e producono il miele, che servirà da nutrimento per la loro regina, per esse e per gli altri animali.

L’orgoglio si sviluppa laddove la noia fiorisce.
Estirpare l’orgoglio radicato nella noia è come debellare un alveare di vespe: non puoi percuoterlo, non puoi sommergerlo, non puoi frammentarlo, ma puoi solo darlo alle fiamme. Quando le vespe fuggono, l’alveare è ormai distrutto e non possono tornarvi, quindi occorrerà tempo prima che ne costruiscano uno nuovo nelle vicinanze.

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Fast-forward

A volte vorrei fare un fast-forward sulla mia vita.
No, non un pause, non un rewind.
Non vorrei saltare alla prossima scena, né tornare all’inizio di tutto.

No, non parlo di arrivare alla fine, stop e cambiare il film.
Parlo di quella senzazione sgradevole che troppi ignorano, perché vivono in slow motion la stessa scena da decenni o perché vogliono tornare indietro a 2-3 scene prima.

Padri e madri che giocano ad avere vent’anni, figli bambini che devono essere forti e responsabili come adulti, nonni che rigenerano i propri nipoti viziandoli e caricandoli di troppa libertà.

A volte vorrei fare un fast-forward, quando sono stanco di essere giovane.
Sono troppo giovane per essere vecchio, ma la mia vita è quella di un quarantenne.
A ventisei me ne vorrei sentire cinquanta.

La morte mi fa paura, certo, ma temo molto di più una vita giovane senza speranze nel futuro.
Temo molto di più la vecchiaia dell’anima, la mancanza di stupore, la strada sempre uguale verso casa, l’entusiasmo che lascia spazio alla rassegnazione.

E conosco anziani che sperano in un domani che non vedranno, perché hanno visto una guerra o due, e hanno visto cos’è il combattimento.

Questi ragazzi arresi al dolore, senza nessuno che combatta per loro, riusciranno a sopravvivere?
E io, sulle mie gambe, vedrò a volto alto ciò che attendo?

 

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Una coccarda dorata

“Che brava!” ti dicevano, e te eri contenta così.
Lo facevi perché eri brava, lo facevi perché lo ERI.

Lo facevi con impegno e mettendoci te stessa,
lavorando e studiando con profondo credo.

Lo facevi e ti dicevano “che brava!”, eppure
non lo facevi solo per sentirtelo dire.

Oggi cos’è cambiato? Quale novità
ha reso vecchio il tuo florido entusiasmo?

“Che brava!” vuoi sentirti dire, e non sei contenta
nemmeno quando te lo dicono.

Che brava, e lo sei davvero.
Ma tu hai pervertito il senso
del complimento
per vuota vanteria.

Ora ogni apprezzamento
sembra una coccarda dorata
su vestiti logori,
e ti accontenti.

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Cozy places – I luoghi accoglienti di Reddit

Da alcuni tempi mi incammino nella caleidoscopica foresta di notizie, curiosità, meme e post personali che è Reddit.
Questo sito è molto noto nei paesi anglofoni, mentre in quelli non-anglofoni si sta piano piano facendo notare tra le varie realtà del web.

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Questa pietra

Guardo al passato perché non so guardare il mio presente.

Lasciai la mia casa, la mia storia, la mia vita a brandelli, cercando solo un tempo migliore.

Proprio adesso, che è giunta l’ora di guardare al mio futuro, esso é distante da me.
Lontano da me, dalla mia storia, da quel Golgota dove tutto mi attendeva.

Non ho mai pensato alla nozione di “oggi”: per me è un continuo scorrere del tempo come acqua di un fiume, come onda del mare che si infrange sullo scoglio.

Ho provato a camminare sulle acque dei giorni, sprofondando e rischiando di affogare.
Arrivò l’ora di nuotare e immergermi in questa morte.

Io, inorridito, tornai sulla barca e nel porto sicuro dei pomeriggi oziosi, fino all’ultima alba.

Solo oggi, seduto sul molo, annoiato dal vento e dall’arsura, vedo tornare a galla ciò che il tempo ha portato via, ciò che è nel mare: la memoria dell’umanità, i nostri ricordi.
Riaffiora ciò che nel mare abbiamo lanciato per dimenticarcene.
Riaffiora, galleggia e le onde lo spingono verso di noi.

Vorrei riprenderlo, provare a riutilizzarlo, ma ormai il sale, l’acqua, il continuo cozzare contro il fondale lo hanno rovinato.

Riaffiora ciò che più per me è importante, che reputai inutile e gettai in mare come una pietra, per puro diletto, e solo ora trovo in esso un tesoro di inestimabile valore

Vorrei tuffarmi per andarlo a riprendere.
Ma come potrei? Comincerei ad affondare.