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Pensieri e note

L’ordine viene da Oriente, il caos da Occidente

Non è Capodanno, ma oggi ho fatto un elenco di buoni propositi per il prossimo periodo.

La mia vita in questo momento è “tranquilla”, di quella tranquillità stagnante e tiepida tipica delle paludi.
Ho bisogno di una scossa, di un movimento, di qualcosa che possa trasfigurarmi senza snaturarmi.
Ciò di cui ho bisogno è una “riorganizzazione mentale” di quelle che anni fa occorrevano periodicamente nella mia vita, e che mi aiutavano a “tornare in me”.

Quando non ero ancora sposato e vivevo con mio padre, avevo la mia camera da letto.
Essa era il mio spazio e, quando ne avevo bisogno, potevo “liberarmi” dal caos che imperava e che spesso rispecchiava il mio stato mentale.

Da quando ho una casa mia, un mio proprio appartamento condiviso con mia moglie, tenere le redini dell’ordine e della pulizia non è solo diventato difficile da un lato pratico – perché più spazio, più mobili, più oggetti significano più sforzo e più tempo necessario per il riordino – ma anche da un lato mentale.

Per me il riordino è prima di tutto un esercizio della forza di volontà, necessario per la natura della mente umana, mentre il famoso decluttering, ossia il ridurre all’essenziale la quantità di oggetti in proprio possesso, è più che altro uno dei modi per rendere più semplice la pratica del riordino.
Il riordino potrebbe essere una pratica laica, senza alcun riferimento religioso o filosofico.
Per chi come me cerca la cristianità nella quotidianità, il riordino può essere parte della pratica esteriore e unirsi alla preghiera interiore e silenziosa, soprattutto quando a beneficiare dell’armonia portata dal riordino sono anche altre persone, cioè i propri familiari e coinquilini.

Al di là di quello che va di moda pensare da qualche anno a questa parte, non c’è nulla di zen nella pratica del riordino.
Piuttosto, credo che lo zen possa comunque “mascherare” con un’aura misticheggiante questa pratica, in riferimento soprattutto all’idea comune che l’ordine venga dall’Oriente e il caos da Occidente.

Oggi ho quindi bisogno di tornare a fare ordine, perché ho trascurato per troppo tempo la mia casa.
Ho anche bisogno di iniziare ad accettare che la polvere pian piano tornerà a depositarsi dove pulisco, che la presenza dello sporco e il ricrearsi del caos è normale e naturale per la propria natura dell’uomo e del suo ambiente, in quanto segno della propria presenza.

L’elenco dei buoni propositi che ho fatto è più che altro una catena di “azioni e reazioni” che mi potrebbe portare a cambiare drasticamente come passo il mio tempo, a darmi uno stato mentale migliore e a cambiare la prospettiva con cui vedo le cose.
Meglio di qualche seduta da uno psicologo, credo.

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Pensieri e note

Contro il controllo

Qualche anno fa ero uno scrittore compulsivo, e trovavo grande soddisfazione nello scrivere appunti sui miei taccuini (Moleskine originali o meno…).

Quando ho passato periodi di grande introspezione – in cui dovevo affrontare il peso del mio passato, la paura per le scelte e le responsabilità che il futuro mi metteva davanti, stress lavorativo, difficoltà relazionali, il peso dei miei errori (e del mio errare, in senso lato) – trovavo nel scrivere fiumi di parole un senso di sollievo, di brillantezza nella mia mente, e potrei paragonare quel processo come una forma di “meditazione su carta”.

Da quando mi sono sposato, ormai più di 6 anni fa, ho praticamente smesso di scrivere.
Quelle poche volte in cui scrivo è perché sento la nostalgia per quel tempo passato, e vorrei tornare a impegnarmi in qualcosa di buono per me che non sia solo una forma nascosta di egoismo.

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Citazioni

Divertenti e contraddittori

Un tizio domandò al mio amico Jaime Cohen: «Secondo te, qual è la cosa più divertente degli esseri umani?»
Cohen rispose: «Il fatto che siano sempre contraddittori: hanno fretta di crescere e poi sospirano per l’infanzia perduta. Sacrificano la salute per ottenere il denaro, e poi spendono i soldi per avere la salute. Pensano in modo talmente impaziente al futuro che trascurano il presente e così non si godono né il presente né il futuro. Vivono come se non dovessero morire mai, e muoiono come se non avessero mai vissuto.»

​(P. Coelho, Sono come il fiume che scorre, Ed. Bompiani, 2006, p. 19