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Poesia

Zeitgeist/Pianeta Merda

Tu non credi, lei nemmeno
solo io son tanto scemo
da riporre la mia fede
in un Dio che non si vede

Spirito della nostra era,
chi ti accoglie e chi ti fugge,
chi ti ignora e chi si batte
contro te, per la sua vita

Io, per questi, sono lento,
non capisco tanto i segni,
corro spesso controvento
e non penso al mio domani

Tra le libertà civili
ed una violenza cieca,
preferisco star seduto
con un mate sul divano

C’è chi muore per battaglie
E chi vuol schiacciare gli altri
Sia da un lato che dall’altro
Io resto da un’altra parte

No, non sono progressista
ma non vivo nel passato:
vivo solo la mia vita,
tutto il resto mi è lontano

Credo che il nostro futuro
se verrà, sarà diverso
che sia perso tra le stelle
o gobbi nelle caverne

Tu ti incazzi, io sto zitto
La paura è nel mio sangue
Ma il tuo volto, amore mio
E’ segno della sua mano

Loro parlano di yoga
fanno ore in meditazione
trascendendo ogni reame
restano solo persone

Io, povero contadino,
ho le mani su una vanga
credo solo in quel che vivo
e rispetto la mia terra

Sì, sarcastico e cattivo,
me lo immagino il tuo sguardo,
hai ragione, sono solo
una mosca sullo sterco

Però ciò che non capisci
è che anche tu sei uguale:
tutti sul pianeta Merda
attendiam l’ora fatale.

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Pensieri e note

L’importanza di essere annoiati

Ho sempre fatto fatica a trovare qualcosa da fare quando ero bambino. Le giornate erano lente e io spesso leggevo, disegnavo, stavo con mia mamma che cucinava e parlavo con lei per ore.

Gli ultimi anni della sua vita, quando io avevo 10-11 anni, ci siamo avvicinati tantissimo, scoprendo i suoi interessi e i suoi modi di ragionare.

A 10 anni mio padre prese il primo PC e da lì nella mia vita hanno fatto irruzione i videogiochi. Poche dipendenze hanno fatto male alla mia mente e al mio tempo (e, a pensarci bene, un po’ anche al mio portafogli). Figuriamoci poi dopo i 25 anni, quando mia moglie (ci eravamo appena sposati) propone di acquistare una XBox One in offerta per il Black Friday.

É stato l’inizio della fine, almeno per quanto riguarda la mia noia.

C’é voluta la rottura di una vertebra e un anno di stop col lavoro – avendo deciso di lasciare il vecchio per formarmi al meglio e cercarne uno nuovo – per ritornare ad annoiarmi. Un anno in cui ho fatto molte cose e tutte col giusto tempo: ho scritto e registrato canzoni in casa, ho fatto un master e preso certificazioni, ho trovato un lavoro e nel frattempo sono stato un sacco di tempo coi miei amici e sono stato in Thailandia con mia moglie. Era il periodo tra dicembre 2017 e maggio 2019.

Ora lavoro nel mio Comune, ho molto più tempo libero di quanto ne avessi dopo maggio 2019, quando lavoravo in un’altra città sia per orari di servizio che per tempi di percorrenza, e paradossalmente non trovo il tempo o la voglia di sistemare casa, scrivere qualche pagina di riflessioni, disegnare o fare altro di creativo.

Non é che mi manchi la “voglia” di iniziare, ma la sola idea di iniziare mi fa salire la noia.

Se iniziassi a scrivere, prendendo un taccuino e una penna e via, giù col flusso di parole, sarebbe facile. Invece, io penso a quante cose potrei fare nello stesso tempo di più divertenti.

Ecco che solitamente le idee che mi vengono, come “pop-up” nel cervello, sono: videogioco del momento da completare; serie TV in streaming da terminare di vedere; caffé/altra bevanda calda con mio padre – ma solo se non lo vedo da un po’ e se é a casa, sennò niente; computer e internet e qualcosa da fare mi verrà in mente.

Mi sono imposto anche di mettermi, che so, alla batteria ad esercitarmi, o di tirare fuori la chitarra e improvvisare, oppure ancora di collegare il synth al PC e registrare qualcosa… Eppure resta qualcosa di fondo che stona, un senso di insoddisfazione.

Ora é l’1 di notte circa, domani lavoro e questo mio “procrastinare” col sonno mi butta davanti agli occhi l’evidenza: il problema non é cosa fare. Il problema é non fare niente.

Capiamoci bene: non é un problema non fare niente, anzi, é la soluzione.

Durante gli anni lunghissimi della mia infanzia e della mia tarda adolescenza/giovane età adulta io ero relativanente libero dal controllo mentale dei videogiochi e delle serie eccetera. Certo, tra i 18 e i 25 anni ho fatto periodi coi social e momenti di fissa col videogioco, ma tutto sommato ne uscivo sempre abbastanza facilmente, ero motivato e critico. Preferivo “to quit cold turkey”, come i drogati che smettono di botto e ne pagano le conseguenze fisiche.

Tra un mese e mezzo dovrebbe nascere mia figlia (se non decide di nascere prima) e io sono ancora così, ma con il problema ulteriore di doverla educare e dare una buona direzione. Io ci credo davvero nell’importanza di questo, e non posso continuare come faccio ora.

Taglierò coi videogiochi, per forza. Mi metterò in bolla, andrò a dormire presto e mi preparerò un’insalata per pranzo il giorno dopo, aiuterò di più mia moglie e starò con loro alla sera. Riaprirò la relazione col Divino, che sto prendendo sotto gamba da quando ho ripreso in mano un joystick. Proverò ad ascoltare e a parlare meno.

E mi annoierò, tanto. Ma sarò felice, e quel dolio dell’anima che sentirò lo proverò a trasformare in altro modo. E forse dalla noia sublimerà un interesse nuovo per la vita.

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Pensieri e note

Antica profezia

Alla fine fu il progresso.
E venne sotto forma di accesso
Come porta aperta su un oceano di nozioni
Come un libro dalle infinite pagine

Come un punto fu l’inizio dell’uomo,
La retta fu il suo percorso,
Il piano la sua conquista,
Lo spazio il suo futuro

E l’iperspazio divenne la sua dimora
E gli ipertesti divennero libri sacri
E la sua storia divenne un insetto
Spiaccicato sul parabrezza della sua Ferrari

E l’uomo sfumò nella luce,
Glissando dal buio come da un sogno
E divenne simbolo di un idea sbagliata
E incarnazione di un coraggio avvizzito

Un poliedro dalle facce quasi infinite,
Tante che esso pareva una sfera
Celeste e dorata, bianco e nero
Rimase solitario a ruotare nello spazio

Lo chiamarono Terra, o Carne
O Vita, o Casa, o Amore,
O Libro dalle pagine infinite
Ma senza mai chiamarlo col suo Nome

E poi, di nuovo, il Libro prese Vita
Il Verbo si fece Carne,
Il Nome trovò Casa
E amò l’Uomo, nonostante e ancora

Come un punto fu l’inizio dell’uomo,
La retta fu il suo percorso,
Il piano la sua conquista,
Lo spazio il suo futuro

E il costante ripetersi degli uomini
E il costante ripetersi degli errori
E il costante ripetersi delle guerre
E alla fine scoprirsi finiti e perire

E ogni tanto mentre vago
tra l’origine e la meta
Penso a fare il male o il bene
E alle mie chances infinite

Ma come insegna la matrice al punto,
L’infinito é relativo, e il tempo é finito
E così il piano, così la retta
Così lo spazio scoprirà la fretta

Come un ciclo il tempo inizia
E poi finisce quando inizia
Quindi inizia, poi finisce,
Il tempo scorre, e passa un ciclo

E nella notte guardo il cielo
E conto in numero delle stelle
Chissà se il ciclo finisce
Chissà se sarò felice

E il tempo scorre, così le parole
Tra linee rotte fisso
Su questo piano bianco
Mentre il sogno mi avvinghia

Come un punto fu l’inizio dell’uomo,
La retta fu il suo percorso,
Il piano la sua conquista,
Lo spazio il suo futuro