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Poesia

Dio è nell’inquieto

Non ho mai affermato
di poter vivere senza
in un via vai di idoli
e senza un solo altare

Non ho mai negato
la Sua presenza
in una vita piatta
senza alcun sapore

Eppure Tu ci sei
nel ripetersi dei giorni
negli impegni senza voglia
nella rabbia vigliacca e impotente

Non ho mai incontrato
un uomo con la barba
e la tunica bianca
nelle domeniche all’Ikea

Non ho mai cercato
di avere una speranza
semmai ho dimenticato
e quindi ho fatto senza

Eppure c’è qualcosa
nel buio della stanza
nel gorgoglìo del fiume
nel freddo della strada

Ho sempre fatto poco
mi sono esposto poco
cercando di salvare
capre e cavoli MIEI

Non ho mai fatto nulla
se non giocare a vivere
Se non puntare il tempo
sul cavallo sbagliato

Ma Dio è nell’inquieto
nella sabbia nelle scarpe
nella vergogna degli scoperti
e nel pianto dei recidivi

Ma Dio è nella sveglia
nell’alba che ancora non si vede
nell’amarezza dopo l’amplesso
nella doccia fredda e il boiler Rotto

nella sconfitta silenziosa
di chi ha sé come nemico
e non osa alzare il capo
dal cuscino

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Poesia

Respirare

Tagliare tutto,
bruciare tutto,
come il gesto di un ribelle
che non sa vedere oltre,
come il gesto di un despota
che odia la storia
mentre vuoi solo respirare

Ogni passo è stato falso,
ogni successo è stato inutile,
e come sempre
tu sei stata stupida
a scegliere un cavallo vincente
per una corsa coi sacchi,
tu sei un genio del male
che non sa vincere ai dadi

Tagliare tutto, mentre
tutto va avanti
come una liana rampicante
che vuole soffocarti o
come una benda
che vuole coprirti
mentre tu vuoi solo respirare

E ogni volta che resti ferma,
bloccata, impantanata
come un sasso nella terra arida
o un fondale sotto l’acqua,
pensi di dover cambiare tutto,
bruciare tutto,
tagliare tutto,
mentre devi solo respirare

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Pensieri e note

L’ordine viene da Oriente, il caos da Occidente

Non è Capodanno, ma oggi ho fatto un elenco di buoni propositi per il prossimo periodo.

La mia vita in questo momento è “tranquilla”, di quella tranquillità stagnante e tiepida tipica delle paludi.
Ho bisogno di una scossa, di un movimento, di qualcosa che possa trasfigurarmi senza snaturarmi.
Ciò di cui ho bisogno è una “riorganizzazione mentale” di quelle che anni fa occorrevano periodicamente nella mia vita, e che mi aiutavano a “tornare in me”.

Quando non ero ancora sposato e vivevo con mio padre, avevo la mia camera da letto.
Essa era il mio spazio e, quando ne avevo bisogno, potevo “liberarmi” dal caos che imperava e che spesso rispecchiava il mio stato mentale.

Da quando ho una casa mia, un mio proprio appartamento condiviso con mia moglie, tenere le redini dell’ordine e della pulizia non è solo diventato difficile da un lato pratico – perché più spazio, più mobili, più oggetti significano più sforzo e più tempo necessario per il riordino – ma anche da un lato mentale.

Per me il riordino è prima di tutto un esercizio della forza di volontà, necessario per la natura della mente umana, mentre il famoso decluttering, ossia il ridurre all’essenziale la quantità di oggetti in proprio possesso, è più che altro uno dei modi per rendere più semplice la pratica del riordino.
Il riordino potrebbe essere una pratica laica, senza alcun riferimento religioso o filosofico.
Per chi come me cerca la cristianità nella quotidianità, il riordino può essere parte della pratica esteriore e unirsi alla preghiera interiore e silenziosa, soprattutto quando a beneficiare dell’armonia portata dal riordino sono anche altre persone, cioè i propri familiari e coinquilini.

Al di là di quello che va di moda pensare da qualche anno a questa parte, non c’è nulla di zen nella pratica del riordino.
Piuttosto, credo che lo zen possa comunque “mascherare” con un’aura misticheggiante questa pratica, in riferimento soprattutto all’idea comune che l’ordine venga dall’Oriente e il caos da Occidente.

Oggi ho quindi bisogno di tornare a fare ordine, perché ho trascurato per troppo tempo la mia casa.
Ho anche bisogno di iniziare ad accettare che la polvere pian piano tornerà a depositarsi dove pulisco, che la presenza dello sporco e il ricrearsi del caos è normale e naturale per la propria natura dell’uomo e del suo ambiente, in quanto segno della propria presenza.

L’elenco dei buoni propositi che ho fatto è più che altro una catena di “azioni e reazioni” che mi potrebbe portare a cambiare drasticamente come passo il mio tempo, a darmi uno stato mentale migliore e a cambiare la prospettiva con cui vedo le cose.
Meglio di qualche seduta da uno psicologo, credo.

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Pensieri e note

Contro il controllo

Qualche anno fa ero uno scrittore compulsivo, e trovavo grande soddisfazione nello scrivere appunti sui miei taccuini (Moleskine originali o meno…).

Quando ho passato periodi di grande introspezione – in cui dovevo affrontare il peso del mio passato, la paura per le scelte e le responsabilità che il futuro mi metteva davanti, stress lavorativo, difficoltà relazionali, il peso dei miei errori (e del mio errare, in senso lato) – trovavo nel scrivere fiumi di parole un senso di sollievo, di brillantezza nella mia mente, e potrei paragonare quel processo come una forma di “meditazione su carta”.

Da quando mi sono sposato, ormai più di 6 anni fa, ho praticamente smesso di scrivere.
Quelle poche volte in cui scrivo è perché sento la nostalgia per quel tempo passato, e vorrei tornare a impegnarmi in qualcosa di buono per me che non sia solo una forma nascosta di egoismo.

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Citazioni

Divertenti e contraddittori

Un tizio domandò al mio amico Jaime Cohen: «Secondo te, qual è la cosa più divertente degli esseri umani?»
Cohen rispose: «Il fatto che siano sempre contraddittori: hanno fretta di crescere e poi sospirano per l’infanzia perduta. Sacrificano la salute per ottenere il denaro, e poi spendono i soldi per avere la salute. Pensano in modo talmente impaziente al futuro che trascurano il presente e così non si godono né il presente né il futuro. Vivono come se non dovessero morire mai, e muoiono come se non avessero mai vissuto.»

​(P. Coelho, Sono come il fiume che scorre, Ed. Bompiani, 2006, p. 19
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Poesia

Alberta

Nelle notti insonni
Di un tiepido agosto
Tra le nuvole di conifere
Sui monti boreali
O sul mare di nuvole
In volo, la mia testa
Si perde cercando te

Rocce stropicciate
Come il mio cuore
Sono andato oltre
Nel mio cammino
E tu non c’eri, e
In qualche modo
Ti portavo con me

8 mila kilometri
Tra te e me
Nel mondo che lascio
Cercandone un altro
Più nuovo,
Non posso
Lasciarti alle spalle

© Orbis 2022

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Poesia

Liguria, 2022

Ti ebbi parlato già della Liguria,
“La regione del mare”…
E tu, tu la scordasti
Corca sfinita da una sì grave fantasia
Pensasti ad inseguire le farfalle
Mentre il tramonto su Portofino
Finiva

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Poesia

Accade…

Treni che si schiantano
Appena fuori dalle stazioni
E chissà se i passeggeri
Indossavano le mascherine

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Pensieri e note

Approcci all’arte

Una volta suonavo la chitarra: spesso durante le vacanze avevo la chitarra in mano durante le uscite con gli amici, durante le gite o le tratte sul pullman – ero quello che suonava per fare cantare gli altri, oppure quello che si perdeva tra gli accordi in un angolino del salone o steso su un prato mentre la vita accadeva intorno a lui.

Ho scoperto poi, per caso, che mi interessa molto la musica elettronica, nel senso di musica prodotta con strumenti elettronici e computer.
Quando iniziai a registrare, in sordina, le prime tracce sul mio PC fu per emulare un ragazzo della mia compagnia dell’epoca che, un pomeriggio a casa sua, mi aveva fatto sentire qualche pezzo strumentale registrato da lui, prevalentemente con una chitarra acustica amplificata e con la pianola del fratello.
Tornato a casa tentai di registrare anche io ma, con sorpresa, mi accorsi di non saper cosa suonare.
Improvvisai qualcosa, poi aggiunsi qualche effetto a caso, provando con riverbero, delay e fuzz. L’impressione iniziale fu tale da darmi l’input per proseguire, nella mia ignoranza, con altre registrazioni.

Arrivai negli anni al punto di abbandonare quasi del tutto la chitarra, preferendo un software DAW e un controller midi, oppure un sampler o un synth con sequencer.
In questi giorni, continuo a registrare tracce che definisco sperimentali anche se spesso sono di una banalità disarmante, a causa della mia scarsa conoscenza accademica in ambito musicale.

Riflettendo tra me e me mentre svuotavo e riempivo di nuovo la lavastoviglie, sono arrivato alla conclusione che per ogni artista, musicista o pittore o altro, sono possibili molteplici approcci, anche a seconda delle proprie convinzioni, della propria motivazione e del proprio vissuto, oltre che del messaggio che si vuole trasmettere con la propria produzione artistica.
Gli approcci principali, secondo me, sono due – tra i più scelti in assoluto, o comunque tra i più “pubblicizzati”: un approccio “conservatore” e un approccio “progressista”.
Capiamoci subito: se nell’Ottocento l’Accademia di Belle Arti di Parigi era conservatrice e gli Impressionisti erano progressisti, oggi non può essere così. Oggi nella cultura comune è progressista chi vuole bruciare tutto ciò che è stato fatto nel passato per stabilire una nuova affermazione dell’umanità nel totale rinnovamento delle convenzioni sociali, ambientali, ideologiche nonché tecnologiche ed economiche, mentre conservatore è chiunque abbia riserve in merito al superamento di una o più convenzioni pregresse.
Nell’arte non può essere così – così come non è a mio avviso positivo nemmeno in altri ambiti: un’arte conservatrice si pone in una tradizione, rispetta determinate regole che vengono semplicemente seguite nella realizzazione di un’opera, come standard a cui “appoggiarsi” anche per semplicità. L’utilizzo di manuali, l’applicazione di teorie e teoremi, l’iper-fedeltà ad una linea di pensiero anche in modo estremamente superficiale è al contempo punto di forza e di grande debolezza. Le opere possono essere di grande impatto e bellezza, così come possono sembrare tutte uguali e di grande banalità.
Faccio un esempio pratico: prima dell’Impressionismo, l’arte pittorica dai canoni neoclassici era reputata di grande bellezza e perfezione; con l’Impressionismo tale bellezza viene molto relativizzata mentre vengono mosse critiche prima all’irrealismo delle forme ideali rappresentate dai pittori accademici, quindi viene reputata noiosa e priva di spunti interessanti, buona solo a decorare le case dei ricchi.
L’arte dei “rifiutati”, come l’arte impressionista o l’art brut, è stata vista prima come arte sbagliata, poi come arte di grande interesse per l’eterogeneità dei messaggi che gli artisti volevano trasmettere e per la varietà e la fantasia nell’utilizzo delle tecniche e delle forme di soggetti concreti (paesaggi, ritratti, nature morte) o astratti.
A voler approfondire, è evidente che l’arte conservatrice resta di grande valore, perché volendo studiare le scelte e la tecnica di ogni artista, per un solo quadro ci potrebbe essere lavoro per settimane o mesi. Lo stesso vale per l’arte progressista, che non seguendo una sola regola scritta, ne crea infinite, per ogni variazione di forma e di tema possibile nello spazio e nel tempo.

Certamente a prima vista l’arte conservatrice sembra meno interessante e meno “fresca” di quella progressista, ma siamo già arrivati al punto, forse, in cui quasi tutto ciò che si poteva fare è già stato fatto, almeno coi mezzi a nostra disposizione oggi. Ci troviamo quindi in un’epoca storica in cui i dj sono artisti, in cui gli artisti visuali “remixano” clip e visual 3D per creare nuove rappresentazioni grafiche, in cui gli artisti contemporanei sono citati da artisti di estrazione accademica nella creazione di opere ibride.
Di sicuro anche qui ci sarebbe da discutere per ore sulla qualità, sul valore e sulla creatività di artisti e opere.

Quando io ho iniziato a sperimentare con la musica elettrificata prima ed elettronica poi ho sempre e solo scelto un approccio diverso (approccio progressista) a quello che mi era stato insegnato (approccio conservatore).
Avrei potuto decidere di provare a fare musica in modo casuale, sfruttando il caos e magari cercando di suonare in giro pur di farmi un nome in un ambiente legato alla musica industrial, punk o noise (approccio MOLTO progressista, alternativo, anarchico, antagonista) oppure provare a mettermi in un giro tale da finire in qualche audizione per talent più o meno famosi (approccio mariadefilippico/amadeusiano).
Ho scelto di provare con l’approccio più divertente, più educativo per me, e ciò mi ha permesso di approdare anche nell’ascolto a generi musicali che non avrei mai apprezzato né ascoltato prima.

Non che la musica suonata con le chitarre nel loro approccio “rock” o “folk” mi non mi piaccia più, solo che ora a me questa musica dà poco.
La apprezzo certamente, ma sono più contento nel registrare la colonna sonora del mio filmino delle vacanze con un sintetizzatore FM e poi distribuire lo stesso brano in Creative Commons su internet, piuttosto che nel restare in un angolino o in mezzo ai miei amici a strimpellare Ligabue o gli 883.
Questa cosa molta gente che conosco non la capisce o la ignora.

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Poesia

Ridendo tra le urla

La verità sta dietro ai miei occhi
cerco di vederla, e non riuscirò mai
proverò di tanto in tanto ad ascoltarmi
per colpire il centro senza poter guardare

Cercherò di scrivere a flusso
per vedere se la penna scorre ancora
e osservare se il tratto tradisce la mente
e così la mente, pure, col subconscio

Anni che scrivo con un “mood” negativo
giocare è un nascondino,
viaggiando in fuga,
ridendo tra le urla