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Pensieri e note

Carenze d’affetto

Le “carenze d’affetto” le capisco: etichettiamo così la ricerca affannata di attenzione, l’ansia, l’agitazione, la tristezza, gli sbalzi d’umore, le seghe mentali sul nostro aspetto, i modi inconsapevoli di porci agli altri… Insomma, un sacco di sintomi che delineano una sola sindrome.
La “carenza d’affetto” non si cura con le medicine, che bastano solo a placarne i sintomi.

Io le capisco queste carenze d’affetto.
Le ho vissute a lungo, ne porto i segni ancora adesso.

Non basta un vestito, una pettinatura, una sigaretta, un tatuaggio, un’attitudine per ingannare gli occhi di chi è davvero interessato a noi.
C’é qualcosa che non va? Loro lo vedono, palesemente.
Evadiamo, scappiamo da coloro che sappiamo che ci conoscono, perché vedono ciò che fatichiamo tanto a nascondere, vedono oltre l’apparenza.

Eppure basterebbe poco per uscire da questo stato di “carenze d’affetto”.
Come ogni paura, esse esistono perché noi crediamo che esistano. Nulla di più.
Se noi iniziamo davvero a parlare di come stiamo, mettendo da parte paure, maschere e pregiudizi, allora inizieremo a scavare, vangare, girare le zolle, là dove qualcun altro potrà seminare. Potrà, forse, crescere qualcosa di buono, dove prima era terra arida.

Le persone non ci “servono”, come le dosi di eroina per i tossicodipendenti.
Non ci “servono”, per non sentirci soli, anche se noi spesso crediamo questo.
Non ci serve essere accettati dagli altri, casomai il contrario: ma noi, gli altri, li accettiamo?