E’ di nuovo il tempo
in cui non vedo altro
che corone dentate
stringersi alla mia testa
Nausea, noia,
dolore inutile
passeggero come un timore
nella calma della notte
Aspetto
e il tempo
non passa
mai.
E’ di nuovo il tempo
in cui non vedo altro
che corone dentate
stringersi alla mia testa
Nausea, noia,
dolore inutile
passeggero come un timore
nella calma della notte
Aspetto
e il tempo
non passa
mai.
Credo
in quel che vedo,
ma sono cieco.
Occhi,
occhi grandi,
occhi più capienti di un pozzo
e più profondi di un bicchiere
occhi neri come il petrolio, o
occhi chiari come il ghiaccio.
Occhi,
occhi grandi,
come i miei, che hanno visto,
e occhi che non hanno voluto guardare,
occhi che ancora si pentono
e aspettano un nuovo pianto.
Occhi,
occhi che sembrano grandi,
occhi che sono solo più gonfi,
occhi che non guardano,
proiettano ciò che sono
occhi pieni e bicchieri mezzi vuoti,
lacrime mai bevute e dolore mai versato:
aspetto.
I miei,
aspetto di svuotarli
da questo vuoto
e di riempirli
di pienezza,
di bellezza,
di te.
Che cosa c’è da vedere?
Che c’è più di bello da cercare?
E’ forse intorno a me che è tutto buio
o sono io che non so più guardare?
Vedo gli uomini
come alberi che camminano,
alberi in cui incidere il mio nome,
alberi da abbattere per farmi calore,
alberi da lavorare
per farmi un posto comodo dove sedere.
Vedo gli uomini
come alberi che vivono,
alberi che muoiono
alberi che cadono e che si rialzano,
alberi che soffrono,
alberi che gioiscono.
Vedo gli uomini,
o forse non li vedo affatto,
li osservo accendersi e spegnersi
come un incendio, da lontano,
e non provo nulla che non si addica
ad un pezzo di legno da usare.
E tu mi vedi,
fermo sul ciglio della mia strada,
con due o tre alberi accanto,
che mi spingono e mi tirano,
dove io non voglio andare:
mi chiedo se mi vorrai sanare.