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Pensieri e note

Selvaggia

La notte non fa poi così paura
Quando sei sdraiata sul letto, nella tua stanza
Ti giri e solo a volte senti in lontananza
Il treno, e la tua vita che se ne va

La notte a volte mi fa un po’ paura
Quando mi sveglio di soprassalto nella mia tenda
Il peccato sta reclamando il suo salario
La morte è l’unica moneta nelle mie tasche

E adesso che la morte pesa più del mio zaino
E adesso che la notte deve ancora arrivare
Io scrivo ogni mio pensiero su questo foglio bianco
Che importa se qualcuno mai lo leggerà?

La vita no, non fa piú paura
Se riesci ad uscirne viva come ho fatto io
Il tempo che ora sto contando è quello che passa
A quello che deve venire daró conto poi

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Pensieri e note

Carenze d’affetto

Le “carenze d’affetto” le capisco: etichettiamo così la ricerca affannata di attenzione, l’ansia, l’agitazione, la tristezza, gli sbalzi d’umore, le seghe mentali sul nostro aspetto, i modi inconsapevoli di porci agli altri… Insomma, un sacco di sintomi che delineano una sola sindrome.
La “carenza d’affetto” non si cura con le medicine, che bastano solo a placarne i sintomi.

Io le capisco queste carenze d’affetto.
Le ho vissute a lungo, ne porto i segni ancora adesso.

Non basta un vestito, una pettinatura, una sigaretta, un tatuaggio, un’attitudine per ingannare gli occhi di chi è davvero interessato a noi.
C’é qualcosa che non va? Loro lo vedono, palesemente.
Evadiamo, scappiamo da coloro che sappiamo che ci conoscono, perché vedono ciò che fatichiamo tanto a nascondere, vedono oltre l’apparenza.

Eppure basterebbe poco per uscire da questo stato di “carenze d’affetto”.
Come ogni paura, esse esistono perché noi crediamo che esistano. Nulla di più.
Se noi iniziamo davvero a parlare di come stiamo, mettendo da parte paure, maschere e pregiudizi, allora inizieremo a scavare, vangare, girare le zolle, là dove qualcun altro potrà seminare. Potrà, forse, crescere qualcosa di buono, dove prima era terra arida.

Le persone non ci “servono”, come le dosi di eroina per i tossicodipendenti.
Non ci “servono”, per non sentirci soli, anche se noi spesso crediamo questo.
Non ci serve essere accettati dagli altri, casomai il contrario: ma noi, gli altri, li accettiamo?