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Pensieri e note

Periferie esistenziali

Ci sono fiori che sbocciano
in inverno inoltrato
e se ne fottono della nebbia

Ci sono alberi che,
alle porte della primavera,
hanno ancora delle foglie da perdere

Ci sono fiumi secchi
in cui i pesci tentano ancora di nuotare,
sbattendosi e dimenandosi
nelle loro scatolette di latta

Ci sono prati verdi senza più cerbiatti che brucano né bambini che giocano

Ci sono aiuole da non calpestare
perché sennò i fiori soffrono,
e il giardiniere poi muore
di crepacuore

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Pensieri e note

Ulisse

Comprensione,
oggetto della mia insoddisfazione,
ti cerco, aurea pepita,
e non ti trovo in questo fiume
che forse è il tempo,
forse é la vita,
forse é la mia mente
superba, diabolica ma finita,
che vuole averti e come sempre
non avrà niente.

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Vedente non-guardante

Occhi,
occhi grandi,
occhi più capienti di un pozzo
e più profondi di un bicchiere
occhi neri come il petrolio, o
occhi chiari come il ghiaccio.

Occhi,
occhi grandi,
come i miei, che hanno visto,
e occhi che non hanno voluto guardare,
occhi che ancora si pentono
e aspettano un nuovo pianto.

Occhi,
occhi che sembrano grandi,
occhi che sono solo più gonfi,
occhi che non guardano,
proiettano ciò che sono
occhi pieni e bicchieri mezzi vuoti,
lacrime mai bevute e dolore mai versato:
aspetto.

I miei,
aspetto di svuotarli
da questo vuoto
e di riempirli
di pienezza,
di bellezza,
di te.

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Adonai Tzuri V’goali

“Il tuo silenzio mi uccide”.

Canta così quel cantante.
Io penso che ciò che mi uccide è il non riuscire a fare silenzio.

È facile rifugiarsi dietro delle parole, vedere la fatica da dietro una maschera e continuare facendo finta di niente.

È vero. “Il Signore è mia roccia e mia salvezza”, ma nella mia testa non entra l’idea che lui possa salvarmi: io guardo solo a me stesso, sono un egoista e spesso mi scandalizzo dello schifo che sono.

Ho un buco nero al posto dello stomaco, e non parlo solo del mangiare compulsivamente: ho dentro di me un enorme vuoto.

Spesso mi viene da pensare che la mia vita non vada bene, dovrebbe essere diversa, a partire da ciò che faccio e dalle persone che ho intorno.

Dopodomani è Natale e io mi chiedo quando verrai a fare luce nella mia vita.

In questo momento ho così paura, prima o poi dovrò affrontare ciò che evito da sempre, la morte che ho dentro e il suo compimento nelle scelte di vita che dovrò fare.

Io non so cosa é giusto per me, mi limito a vivere come vivo sempre, e ciò che mi consola è che tu sei fedele. Lo sei sempre stato.

Ho paura di cadere, di perdermi dietro alle illusioni di piacere che quel cornuto mi vuole abilmente rifilare tutti i santi giorni.

Quello che voglio essere e a cui tendo ogni giorno è un’ombra di ciò che sono e che tu vuoi che io sia. Felice.  Semplice come un bambino, perché i bambini si accontentano.

Ascolta le mie parole e abbi pazienza con me.

Donami la pace e togli da me questa rabbia e questa inquietudine.

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Tuono!

Pioggia e vento,
Qua fuori
Nel vento

Tuono!
Il cielo
Mi chiama per nome

Mi sento pozzanghera
Qua a basso dove
Le lacrime si mischiano col fango

Eppure
Il cielo
Mi chiama per nome

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Quelli che il Natale è una festa pagana

Fanno festa delle zucche,
gli zombi mascherati e i bambini fatti cretini.

Tutti pieni, zucche vuote,
bellezza dello stare insieme
come di una showgirl cinquantasettenne con la maschera di silicone e la parrucca.

Un bagliore nella notte, e un boato, mi svegliano:
miccette brillanti e campanelli squillanti, eccoli che arrivano.

Verranno anche da me, finalmente!
Ho aspettato tanto questa patetica farsa, che il mio cuore aveva quasi ripreso a battere.

La dolcezza di queste caramelle è una deliziosa amarezza,
vedendo questi limpidi fanciulli risalire virtuosamente la tromba delle scale.

“Dacci un po’ di dolcezza”, mi chiedono con occhi miserevoli e succosi,
riempiendomi quindi di botte con una mazza da baseball, comprata con un soldino in un negozio cinese.

Finalmente anche io ho un buon travestimento da carcassa.