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Pensieri e note

Life log

Ho paura,
paura di finire
come sono arrivato,
senza accorgermene.

Ciò che avrò fatto,
in un modo o nell’altro,
prima o poi
perderà valore.

Ciò che non si perde
è la reazione,
è la causa legata all’effetto
da un evento che resterà,
eterno.

I tuoi occhi non esisteranno più
ma ciò che li mosse,
l’impulso a guardare oltre,
esso resterà, intangibile –
e inutile anch’esso, forse –
registrato per sempre
nel log della vita.

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Poesia

La casa gialla

Una giornata calda in piena estate
e il condizionatore
è soltanto un miraggio in un deserto urbano
La gente si accalca davanti ad un portone
la polizia la spinge via
Sta uscendo il cantautore

Marco questa volta non sa che maschera usare
e urla sulla gente e su un agente
che non lo vuole fare andare
lontano da quella abitazione sua per anni
lontano dai pianoforti verso una vita
incerta che si apre davanti

Marco non sai come fare
Marco non sai dove andare
Marco non hai un tetto
non hai più neanche una chiave

E’ il giorno e si sapeva già
come sarebbe andata
a finire tutta la storia
la gente non capisce, fraintende tutto
Marco non è innocente ma neanche un delinquente
e vorrebbe fosse un sogno
da cui risvegliarsi un giorno

Fosse stato un evasore sarebbe salvo
e invece è solo un insolvente
dalla parte del manico
Scrive a chi lo vuole fuori
e prova a starci dentro
nonostante i giramento di testa e di coglioni

Marco non sai come fare
Marco non sai dove andare
Marco non hai un tetto
non hai più neanche una chiave

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Pensieri e note

Fast-forward

A volte vorrei fare un fast-forward sulla mia vita.
No, non un pause, non un rewind.
Non vorrei saltare alla prossima scena, né tornare all’inizio di tutto.

No, non parlo di arrivare alla fine, stop e cambiare il film.
Parlo di quella senzazione sgradevole che troppi ignorano, perché vivono in slow motion la stessa scena da decenni o perché vogliono tornare indietro a 2-3 scene prima.

Padri e madri che giocano ad avere vent’anni, figli bambini che devono essere forti e responsabili come adulti, nonni che rigenerano i propri nipoti viziandoli e caricandoli di troppa libertà.

A volte vorrei fare un fast-forward, quando sono stanco di essere giovane.
Sono troppo giovane per essere vecchio, ma la mia vita è quella di un quarantenne.
A ventisei me ne vorrei sentire cinquanta.

La morte mi fa paura, certo, ma temo molto di più una vita giovane senza speranze nel futuro.
Temo molto di più la vecchiaia dell’anima, la mancanza di stupore, la strada sempre uguale verso casa, l’entusiasmo che lascia spazio alla rassegnazione.

E conosco anziani che sperano in un domani che non vedranno, perché hanno visto una guerra o due, e hanno visto cos’è il combattimento.

Questi ragazzi arresi al dolore, senza nessuno che combatta per loro, riusciranno a sopravvivere?
E io, sulle mie gambe, vedrò a volto alto ciò che attendo?

 

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Pensieri e note

La tua vita scadrà a breve

La tua vita scadrà a breve.
Sei come uno yogurt che porta in sé la lenta agonia di miliardi di fermenti lattici.
Lo senti dentro, lo ascolti, sussurrato da quel dolore che intorno al cuore si fa vivo ad ogni tuo respiro.
Una notte fa eri vivo, ora sei morente.

L’agonia si fa sempre più ronzante, e le infermiere carine e giovani sono vestite. Te le ricordavi spoglie di quelle uniformi larghe e per nulla stuzzicanti, azzurre e bianche, che sembravano degli imbianchini. Te le ricordavi con i giovani seni scoperti, legate e inginocchiate, imploranti pietà con i loro occhi alzati al cielo e le loro bocche imbavagliate, coperte del sangue degli innocenti arsi vivi in un inferno di zolfo.
Ti ricordi di ciò che avevi visto, ma non sai definirne i colori, né i contorni.
E’ stato un sogno? Un sogno erotico finito male?
I volti delle infermiere, gli stessi che vedi ora, in quel sogno vivido e senza contorni erano sfigurati dalla paura.
Provi a muoverti, ma il tuo corpo non osa rispondere.
Sul muro della camera il calendario segna la data sbagliata.
A guardar bene, è il calendario ad essere sbagliato: è quello del 2029.
12 anni. Abbassi lo sguardo e noti, col margine dell’occhio, la lunga barba bianca che spunta dal tuo mento.
“Oh! Cazzo!”, pensi.
Cosa era accaduto?
La tua testa è un balenio unico di pensieri – incidente quasi mortale paralisi o forse una malattia grave ictus ho battuto la testa ho perso i sensi dodici anni di coma barba bianca mi sarò pisciato addosso cagato addosso le infermiere mi hanno dovuto pulire le polluzioni notturne sono incontinente sono vecchio sto morendo…
Respiri profondamente attraverso la mascherina.
Ti riaddormenti quasi subito.

Al tuo risveglio, le infermiere carine sono invecchiate un po’, ma le uniformi sono le stesse. Con lo sguardo cerchi il calendario sul muro e lo trovi nella stessa posizione. 11 settembre 2031.
Trenta anni esatti dal crollo delle torri gemelle.
“Andiamo bene”, pensi.
Hai perso altri 2 anni a dormire, e la cosa ti sta un po’ sulle palle.
Provi a muovere un braccio e, stupito, riesci a portare la tua mano su quella dell’infermiera che ti sta insaponando le parti intime: lei, tutta assorta nella sua mansione, scoppia in un urlo impulsivo che smorza in uno stridio, e dopo averti fissato negli occhi per qualche secondo, con la mano a coprire la bocca spalancata, scappa fuori dalla porta.
Come mai? Cosa era successo? Cosa ti aveva ridotto in uno stato vegetativo per molti anni?
Provi a ricordare, ma non riesci a trattenere altro che poche immagini sfocate: le ragazze nude e coperte di sangue, un libro nero sul comodino, un arsenale immenso di revolver, semiautomatiche, fucili d’assalto e da caccia.

La stanza è ancora vuota. Ti togli la maschera dell’ossigeno e la flebo che hai infilata nel braccio, quindi provi a metterti in piedi.
Hai qualche difficoltà a muovere i primi passi dal letto, ma riesci a raggiungere il bagno aggrappandoti al mobilio della stanza.
In un armadietto a fianco del lavabo trovi, riposta ordinatamente sul ripiano, una divisa da infermiere della tua misura e, considerato che sei col gingillo all’aria, te la infili senza pensarci due volte.
Ti specchi e noti che la barba bianca che avevi intravisto nel tuo breve risveglio di qualche anno prima era stata tagliata: l’infermiera che si era presa cura di te ti deve aver rasato poco prima. Non ricordi di aver visto prima la tua faccia sbarbata, ed effettivamente ti piaci molto. Con i tuoi capelli corti grigi, quasi bianchi, sembri un cantante famoso. Forse con la barba bianca avresti dimostrato più anni dei tuoi 40…
Improvvisamente ti sei accorto di ricordare la tua data di nascita, 25 aprile 1991, Festa della Liberazione. “Bene, avanti così! Tra poco ricorderò altre cose!” pensi.
Con qualche difficoltà ti sposti di nuovo alla camera e apri l’armadio verde-acqua che copre tutta la parete a fianco della porta della camera e trovi un paio di stampelle – proprio quello che ci voleva.
Provi ad uscire nel corridoio. Alcune infermiere si accorgono di te e, vedendoti, scappano nella direzione opposta gridando.

Non capisci cosa sta succedendo: altro turbinio di pensieri – sono bruttissimo sono stato scambiato mi hanno messo la faccia di un mostro come nicholas cage e john travolta in face/off vogliono incastrarmi devo fuggire nascondermi aiuto polizia…
Ad un tratto due poliziotti con due bicchierini da caffè in mano sbucano da dietro l’angolo delle macchinette. Appena alzano lo sguardo verso di te, lasciano entrambi cadere i bicchierini che si rovesciano sul pavimento, ed estraggono con due mosse fulminee le loro pistole dalle fondine, puntandotele contro.
“Sono spacciato” pensi, indovinando la sorte che ti spetterà a breve.
Provi a bonfonchiare qualcosa in una lingua incomprensibile, mentre ti sfugge di mano una delle due stampelle. Essa cade in un rumoroso schianto metallico contro lo schienale della panca di acciaio posta nel corridoio.
Preso alla sprovvista dal tonfo, il poliziotto giovane e bianco si lascia scappare un colpo di pistola dalle sue mani tremolanti. Un colpo, un morto: complimenti neo-vice-commissario Rossetti, la sua carriera è già decollata.
La tua testa non fa in tempo a divenire teatro dell’ennesima tempesta di pensieri che subito si ritrova spalmata tra le mura e il mobilio di un corridoio d’ospedale.

“Piacenza, abbattuto il porno-terrorista satanista islamico”
Yussef El-Babel si risveglia dal coma dopo 14 anni e semina terrore nell’ospedale – Cobas: “Ennesimo caso di polizia brutale”.

Un lupo solitario radicalizzato dall’Isis? Un pervertito satanista? Sarà difficile capirlo: il terrorista di Piacenza è stato abbattuto ieri mattina in una sparatoria avvenuta nello stesso ospedale dove aveva eseguito l’attentato il 2 maggio 2017, e dove era stato tenuto in rianimazione per 14 anni a spese dei contribuenti.
Arrestato già negli anni precedenti all’attentato per reati quali sfruttamento della prostituzione, abigeato, spaccio e atti osceni in luogo pubblico, oltre che essere stato più volte citato in alcune testimonianze rilevate in inchieste sulle sette sataniche, l’aspirante killer dell’ospedale di Piacenza era un maghrebino abusivo di 40 anni, Yussef El-Babel. Caduto in coma dopo il trauma cranico riportato in seguito alla sparatoria che ne ha permesso l’arresto, El-Babel è stato freddato grazie alla prontezza di riflessi dell’agente Gianni Rossetti, che insieme ad un collega presidiava la stanza del maghrebino.
Durante il tentativo di attentato, un El-Babel fortemente narcotizzato e armato “di tutto punto” con armi giocattolo si era fatto strada nell’ospedale “Guglielmo da Saliceto”, aveva sequestrato buona parte del personale femminile in un ambulatorio, obbligando le donne più giovani a denudarsi. In seguito, il terrorista si era divertito a giocare al “tiro al piattello” con le sacche di sangue conservate nelle celle frigorifere dell’ambulatorio, spargendo il prezioso liquido sulle donne presenti e causando un enorme danno alla sanità. Il pericoloso terrorista era stato fermato nella sua folle impresa da un raid dello squadrone dei Cacciatori di Calabria, gruppo altamente addestrato dell’arma dei Carabinieri. Nell’abitazione abusiva di El-Babel erano stati ritrovati numerosi contenitori colmi di stupefacenti di varia tipologia in una dispensa, un finto Corano in cui era nascosta una fiaschetta colma di assenzio e diverse confezioni di armi-giocattolo, che risultarono rubate dal magazzino del negozio “Mercatone Haomai” di San Rocco al Porto.
Da “Libero” del 12 settembre 2031, taglio basso della prima pagina.

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Poesia

Moglie

vorrei chiederti
se mai sarai
con me per sempre

se mi ami
e mi amerai
dal punto di non-ritorno

ritornare
e, insieme, salire,
lentamente

più di quanto sai
accettando la delusione
che ti darò

entusiasta
e piena d’amore,
come una madre

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Poesia

E’ sceso il buio

Tapparelle abbassate
per nascondersi
o per dormire

Averti accanto
per amarti
o per amarmi

E’ difficile
non essere
così egoista

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Pensieri e note

Il centro del mondo

Un amico una volta mi disse: “Amare significa dare all’altro ciò che non puoi dargli”.

Amare non è mica facile: sembra ci voglia della costanza, energie sufficienti per non arrivare stanchi a casa alla sera, denti bianchissimi per sorridere al tuo nemico e per distogliere la sua attenzione dal tuo sguardo affaticato.

Amare non è semplice, non quanto dire “no” a una tentazione, non quanto dire “ci vediamo domani” e infischiarsene della sorte.

Vorrei amare, ma se sono il primo io a rimetterci, ne vale la pena? Vale la pena di essere messi da parte, essere schivati, non essere più il centro del mondo – non dico degli altri, ma neanche del proprio?

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Pensieri e note Poesia

L’immenso

Ti guardo,
i tuoi occhi dolci,
il tuo naso minuto,
la tua bocca nascosta.

Ti guardo,
mi nascondo anche io,
mentre tu, dietro il velo,
chiudi gli occhi.

Davanti a me
l’immenso mi guarda, mi ascolta,
e io ho paura
di venir meno:

Venir meno
di fronte a te,
di fronte al mondo,
di fronte all’immenso

che non so immaginare.
Non so parlare,
né scrivere,
né disegnare.

Non so guardare
i tuoi occhi dolci,
il tuo naso minuto,
la tua bocca nascosta

e al pensiero
di salpare per questo
immenso, ignoto mare
mi sento debole,

incontinente, misero.
Partirei solo
per cercare un rifugio
lontano dalle mie nudità.

Eppure è qui,
sulle rive di questa
immensa esistenza
che ho incontrato il tuo sguardo,

e il tuo sguardo,
pieno di attesa,
di pudore, di dolcezza
mi ha amato.

Mi ricopristi
col tuo velo,
mi sollevasti
e mi baciasti:

“Quanto ti ho atteso
per tutti i miei giorni,
e ho atteso te

e l’infinito giorno,
pieno d’ogni bene,
con te è giunto”

Ti guardo,
i tuoi occhi dolci,
il tuo naso minuto,
la tua bocca nascosta.

Tutto di te conosco,
e amo te,
che come pioggia
ami lo sporco fango,

e nella mia morte
trovo lo stupore e il compimento,
e nel fallimento d’ogni giorno
trovo nuova vita.

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Pensieri e note Poesia

Avanzi

Dimenticai
ciò che per paura
seguisti in ciò che chiamano
“gioventù”
ogni caduta, cedimento,
incertezza, bestemmia, bruttezza

I tradimenti, la cupidigia
le menzogne, la vergogna
serpenti che morsero
coloro coi quali li cinsi,
“gioventù”
il mondo giustifica
solo per gioco

Dimenticai
ciò che ora non vuoi più
che il tuo mondo veda
“gioventù”
perduta, lontana, acerba,
nascosta, errante, immatura

Fedele,
non ti ho mai tradito
e se mi hai mentito
ricordo
soltanto una promessa
“gioventù”
acerba se non sai aspettare,
l’attesa logora
chi non sa cosa volere

Ricordo
soltanto una promessa
e generazione su generazione
è sempre rimasta la stessa
i figli
la terra che accoglie il seme
e, fertile, germina,
e genera una nuova speme

Il cammino è lungo,
la morte è una tappa
verso la terra dei vivi
chi vuole restare
resti,
sotto la terra dei morti
ma chi vuole amare
avanzi
oltre il confine eterno
abbondi e danzi