Tu sai di cosa ho paura.
Tu sai cosa penso.
Tu sai le mie speranze, le mie incertezze, le mie mancanze.
Sai che di notte non voglio dormire, ma dormo solo perché è un modo sistematicamente sicuro per dimenticare.
Sai che di giorno ci provo a combattere la mia buona battaglia, a volte anche chiedendoti soccorso, e che però spesso rimango solo, mentre la notte incombe, ad aspettare che qualcosa cambi. Ad esempio, che mi venga strappato via dal cuore questo macigno che lo schiaccia e lo opprime.
Tu sai che cosa faccio, per riempire il vuoto che ho dentro quando sono solo.
Sai la paura che ho al pensiero di legarmi a qualcuno, mentre legarmi a qualcosa è l’unico modo che ho per avere una minima certezza: ho una casa, ho una chitarra, ho una macchina fotografica, ho un computer, ho una televisione, ho un cellulare… Quindi esisto, quindi sono.
Tu sai, quindi, che quello che ho appena detto è una menzogna.
Sai che esisto, e lo sapevi prima che io fossi o che io facessi alcunché.
Lo sa anche il diavolo, e per questo me la spaccia come unica verità.
Lui non sa, però, quello che sarà. Lui sa solo quello che era e quello che è.
Il diavolo è miope. Una talpa che lavora sotto terra per minare le fondamenta e far crollare la casa; rimane, comunque, una talpa e come tale va trattato.
Tu sai che quello che faccio non è quello che sono; che quello che ascolto non è quello che sento; che quello che mostro di me non è quello che vedo.
Tu sai che il mio ideale è il nulla.
Ok, forse ho un po’ esagerato con quest’ultima frase: penso che l’ideale di tutti sia la gioia perfetta, ma che pochissimi la perseguano realmente, forse perché è troppo difficile o perché è troppo doloroso.
Il nulla è l’ideale di scorta su cui ho ripiegato: “nulla” perché non ho realmente una meta, “nulla” perché è ciò che tutti cercano senza esserne mai davvero lieti, “nulla” perché è ciò che tutti ottengono; ciò che non ottengono sono dei frutti che siano davvero buoni.
Tu sai che non esiste il “nulla”, e mi insegni che il “vuoto” che sento è in realtà un’assenza di qualcosa che non solo lo riempia, ma lo completi.
Tu mi completi. Tu mi rendi pieno. Tu mi rendi felice.
Se la morte è come un vuoto, allora la vita è come una pienezza.
E se il mio vuoto è riempito di ciò che non riempie, allora non sarò mai pieno, soprattutto pieno di vita.
Se la mia morte è come una nudità, allora la vita è come una coperta.
E se mi vanto della mia nudità, chi mi coprirà quando chi è nudo sarà coperto?
La coperta mi copra, mi scaldi con il suo calore, e che io sia cosciente della mia nudità e accetti di essere coperto.
Tu sai che sono nudo, e ora lo so anche io.
Tu mi ami così, nudo come sono, e non mi hai detto te di coprirmi.
Tu mi hai coperto, è vero, ma se io fossi stato aperto al tuo amore allora non avrei avuto bisogno di vestiti per il mio corpo, ma di un nuovo vestito per la mia anima.
Tu sai della mia paura di fallire.
Sai che se dormo e non penso, ascolto musica e non penso, lavoro e non penso, cammino e non penso, è solo per la paura di fallire.
Vedo matrimoni fallire ovunque, figli abbandonati, persone tristi.
Ho un po’ paura, visto che hai scelto tu questa storia per me. Io non la avrei fatta così.
Aiutami ad essere di consolazione per chi vive un fallimento, perché tu sai che io non ce la faccio. Io mi giro dall’altra parte. Non vorrei essere così, ma lo sono.
Io voglio fidarmi di te.
Io voglio affidarti la mia vita. Voglio affidarti il mio fidanzamento. Voglio essere felice e ben oltre le mie aspirazioni. Voglio essere luce per gli altri, non catarinfrangente in una strada di campagna deserta.
E so che è vero tutto, sempre, con te. So che è arrivato il momento di affrontare dubbi, domande, incertezze, e non solo nascondendole o non pensandoci.
E’ ora di cambiare, di evolvere, di decidere. E, in tutto questo, di essere me stesso.
Tu sai quanto ti cerco, sono io che non so quanto tu cerchi me, mi parli e non ascolto. Perdonami.
Grazie.