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Pensieri e note

Battere la morte

Un amico una volta mi disse: “Amare significa dare la vita all’altro, ma per poter dare la vita prima devi averla te, la vita”.

Non è vero che la morte è l’ultima parola, specialmente se la morte non è la tua ma è di chi hai accanto: tu puoi ridare la vita a chi è morto, solo che prima devi essere vivo te.

Che fregatura.

Sembrava tutto bello quando eri bambino, quando a San Valentino portavi una scatola di cioccolatini/un orsetto di peluche alla bambina che ti piaceva (e regolarmente rimediavi un 2 di picche), prima che i tuoi genitori smettessero di sembrarti un principe e una principessa e iniziassero a sembrarti il re degli stronzi e la regina delle rompicoglioni.

Oggi che di anni ne abbiamo 25 facciamo così fatica ad amare, che essere galanti è solo un anelito lontano, come fare un viaggio in Giappone o licenziarsi per vivere d’arte.

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Pensieri e note

Il centro del mondo

Un amico una volta mi disse: “Amare significa dare all’altro ciò che non puoi dargli”.

Amare non è mica facile: sembra ci voglia della costanza, energie sufficienti per non arrivare stanchi a casa alla sera, denti bianchissimi per sorridere al tuo nemico e per distogliere la sua attenzione dal tuo sguardo affaticato.

Amare non è semplice, non quanto dire “no” a una tentazione, non quanto dire “ci vediamo domani” e infischiarsene della sorte.

Vorrei amare, ma se sono il primo io a rimetterci, ne vale la pena? Vale la pena di essere messi da parte, essere schivati, non essere più il centro del mondo – non dico degli altri, ma neanche del proprio?

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Poesia

Ape

Sei l’alba che voglio
e che i miei occhi cercano,
da anni nel buio ti cercano,
e ora sei qui

Tocca a me,
accoglierti non è facile
e non sei certo da stringere
in una mano

Eppure la tua dolcezza
la lasci a chi sa entrare
nel tuo mosaico magico,
nella tua reggia nascosta

Regina mia,
un tuo bacio
ricorda il miele
e lenisce ogni tua puntura

Lascia che mi penta
di averti allontanata
per paura
e torna al mio fiore

Ti nutrirò
e lascerò che tu ti serva
senza rendermi servo:
è la mia libertà

Sei l’alba che cerco
e che i miei petali vogliono,
ogni notte ti attendono,
e tu già voli via.

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Pensieri e note

Carenze d’affetto

Le “carenze d’affetto” le capisco: etichettiamo così la ricerca affannata di attenzione, l’ansia, l’agitazione, la tristezza, gli sbalzi d’umore, le seghe mentali sul nostro aspetto, i modi inconsapevoli di porci agli altri… Insomma, un sacco di sintomi che delineano una sola sindrome.
La “carenza d’affetto” non si cura con le medicine, che bastano solo a placarne i sintomi.

Io le capisco queste carenze d’affetto.
Le ho vissute a lungo, ne porto i segni ancora adesso.

Non basta un vestito, una pettinatura, una sigaretta, un tatuaggio, un’attitudine per ingannare gli occhi di chi è davvero interessato a noi.
C’é qualcosa che non va? Loro lo vedono, palesemente.
Evadiamo, scappiamo da coloro che sappiamo che ci conoscono, perché vedono ciò che fatichiamo tanto a nascondere, vedono oltre l’apparenza.

Eppure basterebbe poco per uscire da questo stato di “carenze d’affetto”.
Come ogni paura, esse esistono perché noi crediamo che esistano. Nulla di più.
Se noi iniziamo davvero a parlare di come stiamo, mettendo da parte paure, maschere e pregiudizi, allora inizieremo a scavare, vangare, girare le zolle, là dove qualcun altro potrà seminare. Potrà, forse, crescere qualcosa di buono, dove prima era terra arida.

Le persone non ci “servono”, come le dosi di eroina per i tossicodipendenti.
Non ci “servono”, per non sentirci soli, anche se noi spesso crediamo questo.
Non ci serve essere accettati dagli altri, casomai il contrario: ma noi, gli altri, li accettiamo?