Sarà strano ma quando vedo un film di cui non ho mai sentito parlare provo un senso d’angoscia, perché non ho nessun riferimento alla trama e faccio fatica a trovarne un significato. Proprio non riesco a vedere un film senza sapere prima come va a finire.
Così è (spesso) la vita.
Ma ora, forse, è bello per me l’imprevisto. Come diceva quello sfigato di Einstein, è la crisi che ci permette di vivere.
“Finiamola una volta per tutte con l’unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla.”
E io lo so, mai da solo.
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Tuono!
Pioggia e vento,
Qua fuori
Nel vento
Tuono!
Il cielo
Mi chiama per nome
Mi sento pozzanghera
Qua a basso dove
Le lacrime si mischiano col fango
Eppure
Il cielo
Mi chiama per nome
Il paese è ideale
Il mio paese non è reale: noi adoriamo la luna, bianca di latte. Vegliamo la notte, la fissiamo, la cerchiamo, sotto di essa, tonda, balliamo nelle nostre notti selvagge. E noi non pensiamo al giorno, col sole che, caldo, ci fa sudare, ci brucia la pelle, ci colpisce forte le nostre teste saccenti. Neppure la sua luce perfetta ci fa paura, perché i nostri occhi non la possono reggere, ma soltanto fuggire: meglio allora la candida e bellissima luce lunare, con la sua leggerezza superficiale. Qualcuno dice “attenti, perché c’è il lato oscuro!” ma non sanno che è lì che viene il bello. O forse, credono di saperlo, quei bigotti! Noi ci rifugiamo lì, perché noi lì siamo lontani dal dolore della nostra vita. Forse.