Abbiamo case scavate nella terra
arredate con quanto ci piaccia
con quanto ci dia miglior senso,
perché cosa è meglio del bere un té per passare il tempo
o mangiare una torta quando si ha fame?
Non amiamo gli sconosciuti,
perché chi viene nella nostra tana
è benvenuto solo chi ci fa compagnia
e non ci toglie più di ciò
che siamo disposti a perdere.
Amiam le cose carine,
le cose scritte bene,
i piaceri intensi che il nostro corpo anela,
senza paura d’esser volgari o come animali
perché in noi abbiamo la sapienza di questo mondo.
Cosa c’è più forte del piacere della carne?
Fuggiamo la noia e detestiamo la fatica
di ciò che non ci aggrada:
per noi ogni giorno non è ben speso,
è risparmiato.
Alcuni potrebbero dire
che è meglio spendere i propri giorni,
ché sono pochi e non v’è altro,
che pariamo conigli e non uomini,
e che sotto terra ci sta chi è trapassato.
Vogliamo, anzi, voglio star solo,
non faticare ad amare,
sposarmi tardi e fare ciò che è normale,
perché una sola è la vita
e non val la pena di faticare.
Sembra serenità o, forse, leggerezza,
calma come un lago e ombrosa come una palude
questa esistenza, che non sarà proprio vita,
ma ho in me una nausea che non voglio sentire,
e una morte che non vorrei affrontare.
E tu, stregone, che bussi alla mia porta,
e la mia casa fai tremare più che un terremoto,
che vuoi, perché mi chiami a partire?
non vedi che non son libero?
Cioè che sono occupato?
Non voglio partire,
e lasciar la sicurezza del mio loculo imbiancato,
a cui, per paura di ciò ch’è fuori, son così attaccato,
per seguir ciò che non ha senso,
e che tu mi hai indicato.
E se mai perdessi il senno e decidessi di partire
non lasciar che parta da solo,
perché il mio coraggio sa esser grande,
ma la paura mi rende ancor più basso
e l’orgoglio mi impedisce di guardare.